Leggi la prima parte: Fregarsene degli altri
Siamo fatti per preoccuparci degli “altri”.
Siamo progettati per modificare la nostra esistenza in base a quello che pensano e dicono gli “altri”.
E’ un fatto biologico, un meccanismo di sopravvivenza.
Spesso è anche un orpello che non ti serve più.
Se cento persone su cento ti considerano un coglione, forse c’è qualcosa che non va.
Se ottanta persone su cento ti considerano un coglione, non è detto che ci sia qualcosa che non va.
Troppo spesso buttiamo tempo prezioso ad immaginarci la reazione degli altri, a pensare cosa potrebbero dire o fare gli altri se facessimo un passo azzardato.
Chi se ne importa?
Per anni ho avuto a che fare con “altri” sempre con la soluzione pronta, raffinati ingegneri, allenatori, economisti, artisti, tuttologi che avevano sempre una caratteristica in comune: erano dei falliti.
Gli “altri” di cui ti preoccupi sono spesso dei grandi falliti.
Non buttare il tempo a calibrare i tuoi passi in base a quella che potrebbe essere la reazione di persone di cui non te ne frega niente.
Prima di preoccuparti del pensiero di una persona, chiediti:
- E’ una persona che stimo, a cui tengo, che considero un maestro?
- E’ una persona che ammiro?
Spesso la risposta è no a entrambe le domande: i grandi se ne sbattono il cazzo di quello che fanno o pensano gli altri.
Ripeti con me:
I grandi se ne sbattono il cazzo di quello che fanno o pensano gli altri
Vale per te e vale per gli altri: serve una bella dose di sbruffonaggine e di coraggio per farlo, ma è la strada giusta.
Il giudizio altrui può essere al massimo uno spunto.
Muoviti senza esitazione e non pensare agli spettatori: se loro sono semplici spettatori e tu sei sul palco a tentare un passo acrobatico, forse c’è un motivo.